Un giorno con un amico, ridevamo tra noi mentre andavamo in bici, e ci ha fermati un soldato: “ ma cosa avete da ridere?” E il mio amico che rideva più di me l’hanno portato in caserma. Il padre quando l’ha saputo è andato a tirarlo fuori, ma io poi non sono più andato a Torino. Quando avevo 17 anni e mezzo mi è arrivata la cartolina e ho detto a mia mamma che non mi presentavo: andavo in montagna.
Giovanni Tonello lo avevo conosciuto qualche anno fa quando Raffaele Scassellati mi chiese di andare a prendere un partigiano per portarlo a Cavoretto per le celebrazioni del 25 Aprile. A Cavoretto Giovanni era con le autorità insieme ad un altro partigiano a rappresentare la storia.
Quando lo riaccompagnai a casa mi chiese di andarlo a trovare perché voleva farmi vedere una scatola che conservava.
Feci passare qualche giorno e poi gli telefonai dicendogli che quella scatola la volevo proprio vedere.
Era una scatola che aveva contenuto delle scarpe e ora conservava ricordi.
Una vita di ricordi fatta di tessere e fotografie. Le tessere del PCI e dell’ANPI, le fotografie del Giovanni ciclista nella squadra dell’ANPI, le fotografie del Giovanni partigiano e militante. Delle sfilate al Primo Maggio subito dopo la guerra.
Ora Giovanni non c’è più e quella scatola non so dove sia, a me è rimasta qualche fotografia e qualche frammento di video che doveva raccontare una storia. Una storia quella di Giovanni che sarebbe un romanzo. Molto popolare. Figlio di mezzadri veneti costretti a trasferirsi in Piemonte durante la guerra per trovare altri padroni, magari più umani. Giovanissimo lavora da muratore a riparare case e fabbriche bombardate in San Salvario: da Lombardore a Torino, andata e ritorno in bicicletta, di corsa per arrivare prima del coprifuoco e con l’ansia al posto di blocco. La scelta di andare in montagna a “fare il partigiano” tra la Francia e il Piemonte perché non voleva arruolarsi nella brigate della repubblica sociale.
Finita la guerra il lavoro in fabbrica, alle Ferriere. Licenziato perché comunista si improvvisa gelataio ambulante: “ho dovuto smettere, erano più quelli che regalavo ai bambini che non potevano comprarlo di quelli che vendevo”. Infine gestisce un negozio di frutta e verdura alla Falchera. Poi la pensione, quel minimo per tirare avanti e aiutare la sorella.
Una storia quella di Giovanni che è comune a tanti protagonisti “minori” della Resistenza senza i quali non sarebbe stata Storia. Grazie Giovanni per aver aperto quella scatola.
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