Al Polo del Novecento prima che iniziasse l’evento che annunciava l’apertura della sezione centro dell’ANPI dedicata ad Eusebio Giambone, mi hanno dato uno foglio A4 dove Levio Bottazzi racconta un episodio della sua vita durante la resistenza. Levio, che non aveva ancora quindici anni quando fu fermato a casa di Luciano Gruppi e portato in via Asti, racconta l’episodio in occasione del bimillenario dalla morte di Ovidio, Ovidio che lo salvò dal carcere, dalle torture e da una probabile fucilazione.
E’ una storia, forse minima perché non finì in tragedia, ma è una storia importante, significativa, di coraggio e gioventù. Una storia che se con la cultura non si mangia a volte ti salva la vita. Una storia che mi fa piacere riportare qui.
Su memoro.org trovate le testimonianze di Levio Bottazzi
Ovidio e il mio arresto in via Asti nel gennaio 1945
In occasione delle celebrazioni del bimillenario della morte di Ovidio ritengo opportuno ricordare il grande poeta latino per il contributo che due versi del terzo libro del suo “Tristia” ha fornito nel favorire il mio rilascio dopo un arresto e relativo interrogatorio nella caserma di Via Asti nel gennaio 1945. Versi che non dimenticherò mai.
“Frigora iam Zephyri minuunt; annoque peracto
longior antiquis visa Maeotis hiems” (1)
Da oltre un anno mi recavo, saltuariamente, in un alloggio di Corso Vittorio Emanuele angolo via Parini ove viveva, in clandestinità, Luciano Gruppi.
Questo per prelevare volantini di propaganda o portare dispense per corsi di formazione, credo per il Fronte della Gioventù, che battevo a macchina in casa. Nelle vacanze di Natale avevo dattiloscritto copie del “Materialismo storico e dialettico” di Stalin.
Il materiale, a volte, veniva custodito all’interno di confezioni di carta fotosensibile AGFA che riportavano con molta evidenza ed in lingua tedesca la raccomandazione di aprire esclusivamente in camera oscura. Confezioni procurate dal titolare della Pathè Babi, signor Sesia con negozio in via Volta sperando così, in caso di un fermo, di avere una probabilità in più per evitare di essere scoperti.
Una mattina dell’inizio gennaio ‘45 mi recai a prelevare del materiale, mi aprì la porta un militare con pistola in pugno, Gruppi era stato arrestato la notte prima. Due agenti in borghese mi portarono immediatamente in via Asti.
Dopo avermi fatto girare per vari corridori dell’edificio principale della caserma strattonandomi con vigore e facendomi anche vedere alcuni interrogatori ove venivano malmenate alcune persone mi portarono dal tenente Iannelli.
Avevo con me la cartella con alcuni libri di latino che utilizzavo frequentando la terza media e che dovevano servire, come concordato con Gruppi, a giustificare la mia presenza come dovuta a ripetizioni di latino.
Spiegai questo al Iannelli che, aprendo un libro, si trovò due stelle alpine che utilizzavo come segnalibro alla pagina ove si spiegava la metrica latina utilizzando versi di Ovidio.
Probabilmente per verificare l’esattezza della mia versione mi chiese di spiegare cosa conteneva quella pagina ed a memoria citai i versi di Ovidio ripetendoli anche con la cadenza metrica.
Grottescamente la prima parte dell’interrogatorio fu così dedicata alla lingua latina, alla sua importanza e necessità di essere mantenuta viva per caratterizzare la storia di noi italiani, quasi che, pensai giorni dopo, il Iannelli volesse distinguerla da quella dei “teutonici”.
Seguì poi la parte vera e propria dell’interrogatorio riguardante il perché conoscevo Gruppi, cosa sapevo di lui, se conoscevo l’eventuale sua azione politica al chè risposi che l’avevamo casualmente incontrato al Caffè Platti una domenica pomeriggio e che si era offerto, come neo laureato in filosofia, a fornirmi ripetizioni.
Terminato l’interrogatorio Iannelli si prese una stella alpina e ordinò che fossi riaccompagnato a casa.
Questo mi preoccupò molto perchè avevamo in casa alcune macchine da scrivere “Invicta” sequestrate in fabbrica nei giorni di Natale e destinate, credo, al CMRP (Comando Militare Regionale Piemontese) ed alle formazioni partigiane.
Era ormai pomeriggio e spiegai allora che in casa non vi era nessuno mentre mio padre si trovava al lavoro presso il Laboratorio Contatori SIP di via Arsenale 19, in un’area presidiata dalle Brigate Nere con posto di blocco per difendere l’Arsenale e gli uffici EIAR di via Arsenale 21.
Così avvenne e, incontrando mio padre, prevenni i due agenti dicendo di essere stato fermato a casa del “professor Gruppi”.
L’avventura finì così nel migliore dei modi consentendo di informare immediatamente il CLN dell’arrestro di Gruppi bloccando così ogni frequentazione di quell’alloggio compresa una riunione del CLN Centro prevista due giorni dopo.
Ricordo che Gruppi, appena uscito dalle carceri “Nuove”, venne immediatamente e trovarci in Via Vincenzo Vela 36 raccontandoci che vedeva casa nostra, dove spesso veniva a cena durante la clandestinità, dalla sua cella.
Avendogli io raccontato l’episodio del mio fermo, capì solo allora perché non avessero arrestato nessuno nel suo alloggio alleggerendo così la sua posizione di imputato.
Levio Bottazzi
Torino 12/1/2019
(1) "Già gli zefiri riduconono i freddi trascorso un anno l'inverno meotico mi è sembrato più lungo degli antichi (di quelli passati)"