Augusto Montaruli

Storia di ciclisti

Le olimpiadi mi hanno ricordato un articolo che scrissi per Ottoinforma, giornale on line e due volte su carta, della vecchia circoscrizione Otto. Giornale on line purtroppo non più accessibile per una scelta incomprensibile e che ci ha fatto perdere un piccolo patrimonio sociale e culturale del quartiere.

L’articolo racconta una chiacchierata con il due volte vincitore del giro d’Italia Franco Balmamion e con un Guido Messina simpaticissimo campione siciliano “naturalizzato” torinese. Guido Messina campione olimpico e mondiale che non se la tirava. Guido Messina che ci ha lasciati nel 2020: una fuga nel paradiso dei campioni.

Storia di ciclisti

Quando arrivo al circolo Crimea, Franco Balmamion sta cenando con un amico. Ci salutiamo, m’invita a sedermi e mi versa un bicchiere di vino. “Beva con noi, Guido arriverà più tardi.” Guido è Messina, il presidente dell’associazione.
Franco Balmamion, corridore ciclista. Due giri d’Italia vinse Balmamion detto il cinese, per gli occhi forse, feritoie che mirano al traguardo e che adesso mi guardano anticipando la domanda scontata che sto per fargli dicendomi che i giri li aveva vinti senza vittorie di tappa perché la regolarità paga, contava stare sempre con i migliori. Poi mi srotola il resto, con modestia e sorridendo: un campionato italiano, un terzo posto al tour, una Milano Torino, un
giro dell’Appenino e altro ancora. E mi racconta dell’unica volta che sua madre andò a vederlo correre, su al colle della Maddalena, si correva il trittico tricolore per celebrare i 100 anni dell’Unità d’Italia. Arrivò secondo e intascò un premio di 250.000 lire. “Erano tantissimi” dice sorridendo “lo stipendio di un operaio non arrivava a 50.000 lire “aggiunge l’amico a tavola.
Poi scivoliamo inesorabilmente sugli altri, sui rivali.
Merckx, il più grande della sua epoca, ma ingordo, le voleva vincere tutte. Mancava di generosità nei confronti dei suoi gregari. Anquetil, un signore, il migliore di tutti. Gimondi forte e caparbio. Motta, fortissimo ed elegante, ma gli mancava la grinta. Adorni, il rivale. E
ridendo con gli occhi: “Battuto anche in uno sprint”.
Un altro bicchiere di vino e intanto arriva Guido Messina: “dieci minuti e arrivo”. Prima, giustamente, gli amici da salutare.
Continuo con Balmamion e rivolgendogli l’ultima domanda: cosa direbbe ai giovani che vorrebbero correre in bici? “Gli direi, di non avere fretta e soprattutto dopo aver corso di chiedersi sempre se ti sei divertito”.


Guido Messina, un po’ “meno giovane”, di Balmamion parte dalle sue vittorie, me le dice velocemente da corridore in fuga: un’olimpiade, cinque titoli mondiali e sette nazionali nella
specialità inseguimento e una volta in maglia rosa. Gli chiedo se preferiva la pista alla strada e lui mi risponde: “No, no, ma gli ingaggi in pista erano molto più alti”.

Poi mi racconta della gara più bella e di quella che fece scalpore. La più bella, nel 1955. La prima tappa del giro: da Milano a Torino. Il traguardo a pochi isolati da casa sua e dalla Frejus, la fabbrica della bici che montava. La fece quasi tutta in solitaria e indossò la maglia rosa. L’altra fu definita la sfida del secolo: un duello con Coppi nell’inseguimento. Era il 1955 e a vincere fu Guido Messina. “Fausto era già avanti con gli anni… però sempre forte”. Dice quasi scusandosi di aver battuto una leggenda.

 

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