Augusto Montaruli

Proust e il risotto con le castagne

IMG-0949Il riso è molto ospitale, nel senso che insieme ci puoi cucinare quasi di tutto. Anche i ricordi. Avete presente la sindrome di Proust, quella delle Madeleine: un oggetto, un sapore che esercita la memoria. Io questa sera l’ho provocata la sindrome di Proust. Mi son messo ai fornelli e ho cucinato il risotto con le castagne del prete, tornando indietro nel tempo quando ero un ragazzino pugliese.

castagne preteLe castagne del prete sono una specialità dell’Irpinia, morbidissime e con un leggero sapore di affumicato. Noi ragazzini pugliesi le trovavamo, insieme ai semi di zucca tostati e salati, nelle bancarelle di cibi di strada (adesso lo chiamano street food) durante le feste (e quante feste fanno laggiù).  Quelle castagne dovevi andare al sud per trovarle e al momento giusto. Ora le trovi anche al supermercato e non vi dico lo stupore quando le vidi la prima volta.

Ma torniamo al risotto. Una cosa facile facile.

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La solita cipolla soffritta nell’olio.
Il brodo di verdura, ma se il tempo è tiranno anche un dado.
Un dito di vino rosso.
Il riso.
Uva passa.
Le castagne del prete.
Una bella grattugiata di parmigiano.

L’uva passa e le castagne tenetele a bagno una mezzora prima di buttarle nel risotto.

Nell’ordine soffriggete la cipolla, buttate il riso, dopo un po’ il vino, un po’ di brodo, le castagne e l’uvetta, un po’ di brodo, il parmigiano.

Facile facile.

Tenetene qualcuna da magiare a fine pasto in compagnia di un buon bicchiere di vino. Facilita la chiacchiera e accompagna la memoria. Perché la memoria prepara il futuro.

Se avete un amico o un’amica pugliese delle parti del barese, invitatelo a cena. Si commuoverà.

Ps: la prima volta il risotto con le castagne l’ho mangiato a Bra, erano altre castagne e i ricordi quella volta non erano miei. Erano di chi mi sta(va) accanto.

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