Augusto Montaruli

Andreja e il Direttore

anndrejaAppassionato e mediocre praticante di fotografia sto leggendo (e guardando) il libro di Mario Calabresi, “A occhi aperti”. Un bel viaggio del direttore de La Stampa con i grandi della fotografia contemporanea. Ne incontriamo molti, Salgado, Erwitt (che adoro), McCurry, Koudelka, Fusco e altri. Attraverso le foto leggiamo il coraggio, l’ironia, il dolore. Impariamo storie che non conoscevamo. Bello direttore, davvero. Si legge anche tra le righe l’amore di Calabresi per questa espressione artistica e giornalistica, ma è un viaggio senza futuro e senza coraggio quello del direttore de La Stampa.

Provo a spiegarmi. Salgado, Erwitt, McCurry e gli altri hanno incontrato nel loro percorso direttori di giornali coraggiosi, che hanno creduto e apprezzato i loro scatti, che utilizzavano le immagini per informare, sensibilizzare, commuovere.  Il direttore de La Stampa invece fa quasi un operazione nostalgia.

Sarebbe stato bello invece, soprattutto come messaggio da passare alle nuove generazioni che leggendo il libro magari sognano un futuro alla McCurry, se Calabresi avesse dedicato un capitolo del suo viaggio ad un fotografo emergente, coraggioso.  Anzi ad una fotografa emergente e coraggiosa, brava. Una fotografa che ha rischiato la vita per documentare la tragedia siriana, con il peso di essere donna. Una fotografa che poi lì è tornata, per scattare altre foto e per donare a quella popolazione un’ambulanza.

Una storia di bravura professionale, di coraggio e di altruismo che quel capitolo in più lo meritava. Sarebbe stato come dimostrare che il direttore di un importante quotidiano nazionale credeva nei fatti in quel mestiere affascinante. Sarebbe stato dare speranza al futuro e senso compiuto al bel libro del direttore. Perché lui è direttore, vero?

Dimenticavo, quella donna si chiama Andreja Restek e ha tutta la mia ammirazione e il mio affetto. Purtroppo non sono direttore.

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