“contributi per un programma”
Luisa ha postato su facebook due foto scattate dal suo balcone che si affaccia in largo Saluzzo: una del primo aprile e l’altra del 2 intorno a mezzanotte. Stiamo parlando di movida, anche se il termine per quanto riguarda largo Saluzzo è improprio e cominciare con il dare i nomi giusti alle cose aiuterebbe anche a capire meglio ciò che capita. Chiamiamolo raduno, assembramento, luogo dove ci si ritrova e definiamolo un gran casino da subire e da gestire.
Cominciamo con il dire che ai locali di San Salvario questa roba non piace, non porta clienti, anzi rischia di allontanarli. A tutti i locali forse con l’eccezione di uno che vende alcool a buon prezzo e al quale la circoscrizione ha negato l’autorizzazione al dehor. Locale che si sta ristrutturando e forse riconvertendo perché il “casotto” probabilmente non conviene più nemmeno a loro. Non conviene perché la maggior parte dei frequentatori notturni di largo Saluzzo le birre se le porta sul luogo della bevuta. Le compra al supermercato o al negozio sempre aperto.
Che fare? Prima di tutto smettere di discutere o proporre cose che non si possono fare o non si devono fare: blocco delle licenze, ordinanze repressive, militarizzazione del quartiere. Perdiamo tempo inutilmente.
Ripartiamo da un’idea di quartiere, la visione si diceva una volta, e un passo alla volta con le giuste priorità e la giusta dose di coraggio iniziamo ad attuarle: il PIA (piano integrato d’ambito) che andrà ad impegnare la prossima giunta; proporre San Salvario come pilota torinese del primo quartiere ecosostenibile (viabilità, verde, isole pedonali, linee star di quartiere, piste ciclabili…); riqualifichiamo largo saluzzo. E questo non solo per risolvere i problemi da “casOtto” ma per lo sviluppo economico del quartiere evidenziando le sue peculiarità: cultura, turismo, artigianato…
Inoltre riqualificare largo Saluzzo oltre ad essere una promessa da mantenere è un modo per rendere inagibile quel luogo ai frequentatori notturni. In un cantiere non si entra e magari si cambiano abitudini.
Nell’attesa ci sono due cose che si possono fare subito: un commissariato mobile di polizia, prevenire è meglio che reprimere, e iniziative “spontanee”, leggi qui, dei residenti che occupino lo spazio al posto di altri.
Infine andare a studiare quelle città dove il “casOtto” viene gestito. http://www.cityproject.it/amsterdam-e-ill-divertimento/